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L’acqua non va per l’insù

20 dicembre 2022  |  Graziano Giacani

20 dicembre 2022  | Graziano Giacani

 L’acqua non va per l’insù 

Solo i soldi mandano l’acqua per l’insù”, recita un vecchio detto popolare che si usa per concludere in maniera sbrigativa un ragionamento che non ha una spiegazione facile. Tutt’altro che complicato invece è tornare a bere dalle fontane pubbliche, un’azione cosi semplice e naturale che fa parte dei nostri ricordi e del nostro vissuto.

Per il progetto di sensibilizzazione contro l’utilizzo dei contenitori monouso (di ATA Rifiuti, col sostegno di Viva Servizi e col contributo del comune di Jesi e di Jesi Città da Vivere), abbiamo avuto l’opportunità di sviluppare il piano di coinvolgimento e di comunicazione per la città.

Al centro non potevano starci altro che loro: le fontanelle pubbliche, e l’abitudine di bere dalle sorgenti locali piuttosto che utilizzare bottigliette in plastica, che per arrivare fresche nelle nostre mani devono fare parecchia strada, tra stoccaggi, trasporti e passaggi di mano. Ecco quindi che “Non facciamo fare tanti giri all’acqua”, o meglio, “L’acqua non va per l’insù”. 

In questo caso, è stata proprio la strategia verbale che ha guidato la progettazione visiva e tutti gli strumenti di comunicazione e coinvolgimento, con l’intento di far vivere la promessa del progetto in ogni touchpoint con il pubblico. Dalla grafica della borraccia che aveva l’obiettivo di trasformare il gadget in simbolo di un pensiero ben definito, agli espositori in grado di suscitare curiosità e di informare sul servizio di ricarica, alla creazione della mappa dei punti d’acqua della città, fino alla modalità di cessione stessa delle borracce ai cittadini.

Non solo fontanelle! Il progetto è stato sposato anche dai locali e ristoranti dell’associazione Jesi Città da Vivere, dove è possibile ricaricare la propria borraccia o riceverne gratuitamente una: per averla non serve denaro ma storie, ricordi e racconti vissuti in una delle tante fontanelle pubbliche che saranno inserite nel diario d’acqua della città.

Per non rimanere nel rumore della comunicazione legata ai temi sulla sostenibilità, con parole e immagini che oramai fanno parte della nostra quotidianità e a cui non diamo più molta importanza, bisogna approfondire con tutti i protagonisti del contesto il vero valore che vogliamo far vivere alle persone, in modo semplice e memorabile, come l’acqua. 

Conferenza stampa del lancio dell’iniziativa insieme a ATA Rifiuti, Viva Servizi, Comune di Jesi e Jesi Città da Vivere

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Dal centro storico all’università

29 ottobre 2021  |  Graziano Giacani

 

 dal centro storico   all’università 

 

Dal centro storico all’università. Due ecosistemi che tante volte si intersecano, ma al tempo stesso anche due mondi che, nonostante la simbiosi logistica, possono essere distanti e mantenere la stessa lontananza che spesso si incontra tra pratica e teoria, tra ideali e realtà, tra accademia e mestiere.

“Un tipo di innovazione utilissima al nostro bel paese potrebbe nascere proprio dall’annullamento di questa distanza, anzi proprio dalla coesione tra chi crea vita sociale ed economica a partire dai piccoli centri urbani, e chi forma giovani menti ad avere una visione ampia e profonda delle discipline centrali per la crescita sociale ed economica in cui siamo quotidianamente immersi.”

 

Con questo intento, una vecchia conoscenza della nostra agenzia, Riccardo Silvi, ora docente di Marketing Territoriale e Organizzazione Eventi all’ Università degli Studi di Urbino, ha improntato il percorso formativo del corso proprio sui concetti sviluppati insieme, che ci hanno portato a creare un evento nazionale di confronto come il Brand Festival, il festival italiano dell’identità, e a realizzare con Hoepli editore “Inversione di Marca”, oggi titolo universitario nel suo corso, in cui mettiamo al centro del branding il necessario equilibrio tra desiderio, cultura e business per la performance di ogni progetto.

 

Nell’incontro che abbiamo tenuto con gli studenti di Urbino non ci siamo fatti sfuggire l’occasione di mettere al centro l’esigenza, oggi viva più che mai, di definire un’identità territoriale che sia forte e salda, capace di dar valore a tutto il contesto, ma soprattutto la necessità di trovare un nuovo equilibrio fra il territorio e tutti i suoi attori: dalle imprese agli abitanti alle persone. Diventa necessario un nuovo modo di guardare al contesto, non più percepito come un’eredità importante ma passiva, pesante e a sé; ma riconoscendolo come la culla del nostro patrimonio culturale che è risorsa strategica per tutta la comunità, la società del presente e del futuro, l’economia e tutti gli aspetti della vita collettiva.

 
 

Abbiamo voluto condividere con i ragazzi un esempio concreto, che possa dar loro una reale percezione della complessità della progettazione nel branding territoriale. La situazione che gli abbiamo portato nasce dal desiderio di alcuni gestori dei locali di Jesi di voler risolvere una situazione critica che si è formata nel centro storico della città, dove in pochi anni l’offerta sviluppata nell’intrattenimento e nella ristorazione ha portato migliaia di persone ad animare antiche piazze e vicoli causando disagi e tensioni di vario genere. Una situazione complessa che tocca temi fondamentali per la collettività come la vivibilità, la sicurezza, ma anche lo sviluppo economico e culturale che il settore della ristorazione può apportare al territorio.
In questo scenario non esiste uno strumento o un messaggio di comunicazione risolutivo in grado di creare valore aggiunto. Per questo la sfida di Premiata Fonderia Creativa è stata quella di costruire un nuovo posizionamento dell’esperienza enogastronomica locale, mettendo al centro lo sviluppo virtuoso della città attraverso le attività di accoglienza, ristorazione e intrattenimento. Sfida accettata dai professionisti del settore, che proprio con questo intento, hanno costituito un’associazione dedicata: Jesi Città da Vivere.

Un progetto nato dal territorio per il territorio, in cui si è cercato di coinvolgere attivamente ogni singola realtà in un percorso di confronto e di dialogo, al fine di conoscere e comprendere fino in fondo non solo le proprie esigenze, ma anche quelle del gruppo. Un primo pilastro progettuale a cui ha fatto seguito l’analisi dei trend e delle tendenze del mercato dell’accoglienza, test e interviste a turisti e cittadini, confronti mirati con enti ed istituzioni. Una visione ampia sulle tante dinamiche e valori che possono caratterizzare il territorio in una nuova armonia tra tutte le parti.

Si tratta di un lungo cammino che richiede impegno, voglia di mettersi in gioco e soprattutto il contributo attivo di ogni singolo attore del contesto di riferimento, in quanto ciascuno diventa protagonista essenziale del progetto. L’opportunità è coinvolgere in questo progetto i ragazzi dell’università, poiché possono offrire nuovi punti di vista e suggestioni per approdare a scenari innovativi e inesplorati, creando quella connessione tanto ambita tra la teoria e la pratica, tra accademia e mestiere, tra ideali e realtà, tra università e centro storico.

Il settore del marketing e della comunicazione deve favorire un dialogo continuo che parte dal basso integrando tutte le parti. Creare valore per i nostri territori è una sfida che ci riguarda tutti in prima persona, a cui possiamo partecipare in maniera attiva costruendo il nostro scenario ideale. In quest’ottica, l’interessante ruolo del marketing, della comunicazione e del branding, potrebbe essere quello di contribuire a creare piena consapevolezza delle minacce e delle opportunità, quindi dei plus e dei minus, per favorire un iter progettuale condiviso che metta al centro lo spirito di collettività.

 
 
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L’identità del Borgo

29 marzo 2021  |  Graziano Giacani

 L’identità del Borgo 

“Ci sono viaggi che si fanno con un unico bagaglio: il cuore”

  — Audrey Hepburn

Questa è la citazione più rappresentativa del progetto che racconteremo in questo articolo. Non è un caso che proprio in questo periodo di blocco totale, dove il viaggio inteso come spostamento è praticamente annullato, la parola “viaggio” sia al centro di un progetto che ha come obiettivo principale quello di rimanere ben saldi alla propria terra. Un viaggio quindi nelle proprie origini, nei gesti senza tempo dei mestieri, nelle storie dei nonni, nelle stradine e nelle piazzette del borgo in cui si è nati, e magari da cui si è fuggiti negli scorsi anni.

BorgoLand è la cooperativa di comunità immaginata e creata dagli abitanti di Staffolo, un piccolo paese fra le colline marchigiane, e si pone l’obiettivo di valorizzare e riqualificare il suo tessuto sociale, economico e culturale: un sistema che concretizza a suo modo quel processo di metamorfosi culturale che ci sta portando a reinterpretare il ruolo della città e della provincia.

 
 

Come sottolinea Antonio De Rossi (architetto e docente presso il Politecnico di Torino dove dirige l’Istituto di Architettura Montana) in un bellissimo articolo sull’Huffington Post,

si tratta di una metamorfosi che trova le sue ragioni nella crisi ambientale e climatica, nel venire meno dei modelli di sviluppo tradizionali, nel deteriorarsi del ruolo propulsivo delle grandi città. Di fronte a tutto questo, per la prima volta dalla nascita dello Stato unitario, le aree interne vengono viste come uno spazio di opportunità e di libertà, non più necessariamente come un mero sfondo paesaggistico – intriso di presunte valenze morali e tradizionali – delle metropoli. Oggi molti giovani vedono nelle aree montane e interne non un problema, ma un luogo centrale e privilegiato dove sviluppare progetti di vita, di imprenditorialità e di economia in linea con l’ambiente e con una certa idea di società”.

È proprio nell’identità del borgo la sfida che ci attende, per accendere sempre di più l’interesse sul modo di vivere, di pensare e di creare delle micro comunità. Dalle ville romane, alle abbazie e ai castelli, fino ai piccoli paesi immersi nella campagna: sono questi i catalizzatori di arti e di mestieri che nei secoli si sono evoluti in modo autonomo, secondo le peculiari caratteristiche sociali e logistiche di ogni specifico territorio, creando quella forte caratterizzazione locale che rende l’Italia il Bel Paese.

 

Il biroccio originale di famiglia recentemente restaurato da Sergio Emiliani

 

Per dare corpo ad un progetto così profondo ci siamo immersi completamente nelle atmosfere rurali più genuine, trovando nell’arte della decorazione dei birocci, i tipici carri agricoli che trainati da buoi solcavano i campi marchigiani fino al secolo scorso, il carattere stilistico per trasmettere i valori del progetto su ogni strumento visivo. Dal marchio al format grafico, alla caratterizzazione di personaggi tipici che racconteranno in prima persona i pensieri del borgo.

 

Staffolo, insieme al suo progetto, è pronto a dare vita a questa sfida così coinvolgente che ci farà toccare con mano uno dei valori più preziosi che abbiamo, l’identità della nostra comunità.

 
 
 

Ricerca, studio e illustrazioni ispirate all’arte contadina (sopra ▲), che prendono vita nel video lancio del progetto (sotto ▼).

 

L’identità visiva di BorgoLand nasce dagli antichi tratti e stili delle decorazioni fatte a mano sui carri agricoli tradizionali. Santi, contadini e tutti gli altri protagonisti di una piccola comunità rurale, rappresentati in stile naïf dagli artisti locali dell’epoca o dai mezzadri stessi.

Il carattere tipografico che abbiamo realizzato su misura porta in sé le forme incerte e rotonde dei testi che certificavano la proprietà o l’autore del carro, insieme ai colori sgargianti e alle cornici creano il marchio e il format grafico di questo progetto che ha l’obiettivo di far rivivere il borgo partendo dalle proprie origini.

 
 
 

Dal libro di Glauco Luchetti, “Il Biroccio Marchigiano“, Tipografia Robuffo, 1967

 
 

Schema di costruzione del marchio (sopra ▲) e applicazioni grafiche, come le cartoline (sotto ▼).

 
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Toccare il futuro

30 ottobre 2020  |  Graziano Giacani

 Toccare il futuro 

Che futuri ci attendono?

Sicuramente non è una domanda di facile risposta, soprattutto di questi tempi in cui ogni giorno dobbiamo fare i conti con avvenimenti che mettono a dura prova le nostre certezze. Ma non tutto è perduto: tra i tanti futuri possibili ce n’è uno che, ne siamo certi, sarà radioso per il nostro Paese. Parliamo di quel futuro che potrebbe essere costruito da giovani che hanno la capacità di saper trasferire tutto il loro bagaglio formativo e le nozioni apprese durante il proprio percorso di studi per valorizzare la cultura, il saper fare e le eccellenze del nostro territorio.

Questo è quello che abbiamo pensato appena terminato il workshop che abbiamo tenuto presso l’ISTAO (Istituto Adriano Olivetti di Studi per la Gestione dell’Economia e delle Aziende) dal titolo “Toccare e gustare l’identità di marca” nell’ambito della Scuola di Governance per lo sviluppo a base culturale. Quello che ci ha colpito dei ragazzi che hanno partecipato sono la tenacia e la concretezza nel portare a termine il lavoro da svolgere in pochissimo tempo, e quello che ne è uscito è sorprendente e di buon auspicio.

L’obiettivo dei due gruppi di lavoro era quello di creare la nuova immagine di un’eccellenza della nostra terra come il Verdicchio, tramite due vini da immettere in due mercati molto diversi tra loro: quello italiano Horeca e quello internazionale destinato alla GDO specializzata. Nel primo caso per un pubblico giovane e informale, nel secondo per un più ampio mercato nordeuropeo attento all’alta qualità dei nostri prodotti.

È così che i ragazzi della classe hanno dato vita all’identità visiva di “Gale8” un Verdicchio spumantizzato, leggero e dai profumi morbidi; ideale per conversazioni interessanti e per nuove conoscenze profonde, come suggerisce il nome “Galeotto”.

L’altro possibile brand progettato è “Cellarium”, un Verdicchio di Matelica barrique, dal sapore intenso e corposo che nasce da una storia antica, quella dell’Abbazia di Roti e dei suoi monaci, amanti del buon vino. Il nome si ispira a due spazi simbolo di questo luogo, molto diversi ma allo stesso tempo simili tra loro: il cellarium, dove i monaci conservavano le vivande dell’abbazia e dove, tra una preghiera e l’altra, qualche bicchierino sarà stato bevuto; e le cellette dove le particolari api che caratterizzano questa zona incontaminata, custodiscono il loro prezioso miele.

Due lavori differenti, due obiettivi lontani, ma un unico determinato entusiasmo che hanno portato questi ragazzi a interagire con i nostri art director per realizzare l’immagine e il packaging dei due vini.

Vista la bellezza e la profondità del lavoro realizzato, il nostro invito ai produttori di vino locali è quello di adottare questi due progetti, contattando direttamente i ragazzi che li hanno progettati o l’ISTAO , che ha ideato e voluto fortemente una scuola di formazione che metta al centro l’essenza della nostra cultura in ogni sua forma.

Un grazie sincero a tutta la scuola di formazione manageriale ISTAO che ci coinvolge spesso dandoci la possibilità di vivere queste bellissime esperienze. 

Infine ringraziamo per l’impegno e la bravura ognuno dei ragazzi che hanno partecipato al workshop: Ilaria Ferretti, Elena Tartari, Roberta Gentile, Camilla Giaconi, Elisa Mengoni, Francesco Montignani, Giulia Giovanelli, Anna Mastrovincenzo, Margherita Turci, Rebecca Schiaroli, Francesco Mutignani e Mattia Giancarli.

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Storia e Digital: valore per il territorio

31 marzo 2016  |  Graziano Giacani

storia e digital: valore per il territorio

A chi importa se la collina vicino casa, dove oggi rimane solo un gruzzolo di macerie circondato dalle sterpaglie, per 12.000 anni è stata un centro importante della nostra cultura? A chi importa se su quella collina sorgeva un’antichissima torre che dominava 3 imperi?

A pochi! Talmente pochi che potrei elencarne i nomi. Sono gli appassionati di Storia, oppure chi ha un legame sentimentale con quel luogo perché l’ha vissuto in prima persona o attraverso i racconti ascoltati dai nonni.

Secondo me, invece, dovrebbe interessare a tutti gli abitanti della zona, perché quel luogo è di diritto una parte fondamentale dell’identità del territorio.

In questo periodo storico, in cui le distanze sono quasi azzerate e l’offerta culturale è quasi appiattita, avere una caratterizzazione non esportabile – come un forte identità territoriale – è fondamentale per portare valore a tutti: dai cittadini e alle imprese (non solo quelle del settore turistico).

L’occasione per riscoprire questa storia  e per rispolverare un programma di “Realtà Aumentata” Augmented Reality (che da troppo tempo sonnecchiava nella mia cartella applicazioni) è stata un bel convegno nella Pinacoteca di Jesi sull’evoluzione delle mura di Jesi nei secoli.

Storia e Tecnologia dunque, mischiati insieme… mi sono chiesto: “Riuscirò a far appassionare di storia i Nerd? Riuscirò a far diventare tecnologici i professori di Storia? Ma soprattutto… Storia e Tecnologia saranno sufficienti per valorizzare quel luogo ormai dimenticato?”

La risposta non si è fatta attendere: l’ho trovata nell’espressione perplessa dei miei amici, quando hanno puntato la fotocamera dello smartphone sul Tag  che avevo stampato su un foglio di carta e hanno visualizzato l’antica torre che svettava maestosa tra i mobili della mia cucina grazie alla “Realtà Aumentata”.  L’orrenda espressione facciale era seguita dalla domanda (o meglio: mazzata finale): “A che serve? L’avevo già vista su Google.”

Ho capito che Informazioni Storiche e Tecnologie Innovative hanno bisogno di “EMPATIA” per catturare l’attenzione di chi non ama questi due mondi.

Spazio all’emozione, dunque!  Spazio allo storytelling!  Basta usare la tecnologia fina a se stesa, basta continuare a ripetere dati storici: usiamoli per raccontare storie ed emozioni, per farci immaginare e innamorare, ancora una volta, della nostra unicità.

Il mio intervento/esperimento è un racconto multimediale-interattivo che nasce dall’incontro tra la “realtà aumentata” e la “realtà dei fatti”: potete riviverlo in questo video, buona visione.

Articolo di repertorio pubblicato dal precedente blog granodesign.it

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World of City Brands

24 marzo 2014  |  Graziano Giacani

world of city brands

E così anche Firenze ha il suo City Brand. E d’altronde come poteva una delle città più belle del mondo non averlo? Ma soprattutto: cosa si intende per City Brand? È solo un modo più interessante e trendy di dire che è stato creato un nuovo logo della città?

Il Brand, ovvero la Marca, non è solo un segno grafico ma è l’insieme di tutte le caratteristiche e di tutti i valori differenzianti che contribuiscono a creare un’identità unica, questo vale per qualsiasi cosa: aziende, prodotti, persone (Personal Brand), territori (Place Brand) e in questo caso specifico per le città, appunto City Brand. Lo scopo è quello di individuare una strategia di comunicazione capace di valorizzare il territorio, che tende ad ottimizzare gli investimenti e che punta allo sviluppo economico, sociale e culturale dell’intera comunità: Più facile a dirsi che a farsi. Questo comporta un’analisi molto profonda per individuare gli obiettivi e i valori che contraddistinguono la città per poi progettare una strategia che punta a far respirare la storia e le tradizioni dell’intera città con lo scopo di coinvolgere sia gli abitanti che i turisti.  

Il progetto I AMSTERDAM è, tanto per citare una case hisotry vincente, un bell’esempio di riposizionamento della città, dove il fulcro è il claim che evidenzia l’orgoglio cittadino e che si trasforma in un format grafico ben riconoscibile. Il legame con la città è stato consacrato dalla scelta di rendere tangibile questo concetto realizzando dei veri monumenti firmati ” I AMSTERDAM” ed inserirli nelle piazze più importanti.

Di certo non ha raggiunto lo stesso risultato il City Brand di ROMA, dove il nuovo marchio non riesce, a mio parere, a rappresentare la città eterna e rispetto ad Amsterdam non si percepisce il coinvolgimento e le prospettive di valore che la città può offrire.

Tornando a Firenze, la sensazione che il logo creato non riesca ad esprimere l’essenza della città del giglio, anche perché il giglio stesso (simbolo inequivocabile della città) non è stato affatto inserito. Troppo banale? A volte le strade più semplici sono le migliori. A riguardo ho trovato due interessanti articoli in giro per il web, il primo di Paolo Iabichino che esprime la sua perplessità su come è stato realizzato questo progetto. leggi l’articolo

Il secondo di Osvaldo Danzi che pone il quesito: se era il caso di rinnovare, appunto, un marchio come quello di FIRENZE che ha già un posizionamento forte. leggi l’articolo

Secondo me è importante che qualsiasi città possa tutelare, controllare la propria identità per creare un offerta di valore che porti allo sviluppo della comunità, ma per fare questo non basta creare un nuovo “marchietto” magari alla moda ma una strategia ben studiata.

Sul City e sullo Space Branding, vi consiglio questo sito dove ci sono esempi interessanti. brandthecity.tumblr.com/

Articolo di repertorio pubblicato dal precedente blog granodesign.it

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L’identità, il tempo, il territorio

21 luglio 2013  |  Graziano Giacani

l’identità, il tempo,

il territorio

Ogni città, ogni paese, ogni frazione, in Italia possiede una sua forte identità.

Un’identità (mi piace questa parola, un giorno la scriverò sui bigliettini da visita) che spesso condiziona il carattere e le abitudini degli stessi abitanti. Rimasi colpito dall’osservazione di un amico che una volta, dopo aver visitato la mia città mi disse, con candore “Gli Jesini sono uguali al centro storico di Jesi, le grandi mura proteggono la loro riservatezza e un centro, un cuore, inaspettato e ricco di valori”.

Ciò che forgia i nostri luoghi è la storia, una storia fatta non soltanto di grandi monumenti ma anche di creatività. La stessa che ha portato, nel tempo, ad ottimizzare gli sforzi ingegneristici ed architettonici già fatti, adibendoli a nuove esigenze, magari aggiungendo dei pezzi o aprendo una finestra in alto, una porta in basso e così via.

Quello che apparentemente può sembrare uno scempio si è rilevato un valido metodo di conservazione e di ottimizzazione degli spazi. Il tempo ha scalfito alcuni edifici, ma nulla è stato abbandonato. Una volta, si usava fare così. Nulla si buttava, tutto poteva diventare altro. Molti templi romani non sono stati abbandonati, ma sono stati adibiti a Chiese o strutture di intrattenimento (Colosseo compreso). Questo modo di costruire, di aggiungere o togliere pezzi alla struttura originale ha creato scenari fantastici, inediti, inaspettati, in una parola non replicabili. Edifici dai forti valori di appartenenza, capaci di raccontare tutta la storia di quel luogo, in poche parole dei simboli a cielo aperto molto più caratterizzanti da quelli nati dalla matita di un designer che cerca di sintetizzare i valori percepiti. L’architettura italiana è plasmata dalla storia stessa del luogo.

Ciminiere della rivoluzione industriale che spuntano da bastioni medioevali, simboli pagani di epoca romana affiancati a figure religiose in una facciata di un palazzo signorile, cinte murarie addobbate da casette settecentesche, fornaci trasformate in biblioteche o in ristoranti: questo è il surreale scenario italiano che contribuisce a trasmettere una forte identità locale.

L’opposto della filosofia consumistica che invece genera i cosiddetti NON LUOGHI, posti costruiti da zero, concepiti per essere abbattuti facilmente (appena cambiano le esigenze di mercato), per essere replicati (alla stessa maniera) in tutto il mondo. Avete presente quei posti nei quali i momenti più attrattivi sono la loro inaugurazione e il loro abbattimento? Non posso concepire l’abbattimento di un teatro, di uno stadio, di un luogo di culto, vere e proprie icone del loro territorio che dovrebbero essere tutelate magari agevolando il loro utilizzo.

In un’era in cui l’unicità è un forte valore distintivo, che genera opportunità di ogni tipo, non solo bisognerebbe tutelare questi luoghi (che non hanno la bellezza e l’armonia dei grandi monumenti, ma per questo sono più autentici e più veri) ma creare anche i presupposti strategici e culturali per continuare a valorizzare qualsiasi luogo anche il più umile capace di rappresentare un certo contesto storico culturale.

Articolo di repertorio pubblicato dal precedente blog granodesign.it