24 gennaio 2022  |  Francesca De Donatis

24 gennaio 2022  | Francesca De Donatis

Lo strumento non fa il copy

 

Parole e immagini. Se esiste un vero segreto per rendere efficace un messaggio, allora possiamo dire che sta nel rapporto tra questi due elementi complementari: il potere evocativo della grafica e la forza esplicativa delle parole, gestire il modo in cui entrano in relazione è il sogno di ogni coppia creativa, art director e copywriter.

Tra le figure coinvolte in ogni progetto di comunicazione c’è quella del copywriter, poco conosciuta fino a qualche anno fa, oggi è tra le più ambite grazie alla sua versatilità, alla possibilità di lavorare anche da remoto e di imparare sul campo “sporcandosi le mani”, infatti non è richiesta un’abilitazione particolare. Prima di arrivare alla scrittura vera e propria, il copywriter svolge un’accurata analisi per delineare il tono di voce del brand e la strategia editoriale. Il primo definisce il carattere e la personalità del marchio per il quale sarà riconosciuto e ricordato. Fondamentale per un copywriter è “cambiarsi vestiti e indossare quelli del target”, quindi osservare il mercato di riferimento, i competitors, il proprio target, il singolo cliente, la strategia di posizionamento; per evidenziare le aree di rischio o le opportunità da sviluppare. La seconda, la strategia editoriale, identifica gli stream, argomenti e focus della comunicazione, molto utile per i contenuti social e il piano editoriale.

Perché è così importante il copywriting per un brand?

Che si tratti di copywriting per un’agenzia, per un’azienda o di un’attività mista svolta da un freelance, la scrittura resta un’arte capace di suscitare un vortice di emozioni reali nel lettore e coinvolgerlo emotivamente stuzzicando la sua immaginazione, raccontandogli la reale esperienza che deriva dall’acquisto e facendogli percepire tutto l’immaginario della marca. Ma soprattutto definisce l’identità di marca riconoscibile e duratura, facendo emergere il brand dal rumore del sovraffollamento digitale. Per avere una brand identity solida, la parola deve coinvolgere gli utenti, farli innamorare del brand, dei valori, dei punti di forza e anche dei propri piccoli difetti. Infatti, se i brand sono come gli esseri umani, devono parlare come loro, emozionarsi come loro, quindi anche essere imperfetti come loro. Secondo il modello de “il prisma della brand identity” di Kapferer, se la marca fosse un essere umano la sua personalità sarebbe costituita dal carattere e dall’anima che guidano la comunicazione di un brand: lo stile comunicativo fatto dal tone of voice, il copy e il design.

Tra gli iconici esempi troviamo il maggiolino Volkswagen che negli anni ’60, oramai insidiato dalla concorrenza di nuovi prodotti più trend e più belli, ha usato la parola in modo determinante per far leva su una verità del brand che sembra un difetto ma che diventa una forza, il motivo differenziante per cui dovrebbe essere scelto: il maggiolino resta il più affidabile, l’unico che ti porterà alla meta.
© Volkswagen of America, Inc. (1969)

Tra i nostri lavori vi raccontiamo il viaggio fatto con Muma, azienda pugliese produttrice di un’alta qualità di gin. Per riuscire a far sentire lo spirito Mediterraneo che contraddistingue il prodotto abbiamo esplorato la sensorialità sia nel packaging che nel copy “Come quel bacio salato”: entrambi ci portano a toccare con la vista, a immaginare la sabbia bianca, un falò, un’avventura da ricordare, una serata folle con gli amici…

Qui le parole disegnano tutto l’immaginario: il claim nasce dalla sensazione che crea il sapore del mare sulle labbra.

Oggi tra le aziende capaci di parlare con “voce autentica” con copy originali e coinvolgenti, ma sempre in linea con l’identità del brand troviamo Taffo, Visa, Coca-Cola, Nike, Ceres. Al tempo stesso marchi iconici come Nike e Apple ci mostrano la necessità di allineare anche l’identità visiva con il brand message: quello che la gente vede deve riflettere il messaggio del brand.

La strategia di comunicazione vincente resta quella integrata, capace di combinare gli elementi distintivi della marca, che la differenziano sul mercato dai competitors, e di raccontarsi nella sua autenticità non omologandosi alle mode e ai trend con data di scadenza, ma valorizzando al meglio ciò che è e che può offrire, difetti compresi.