11 giugno 2020  |  Graziano Giacani

DA TARGET A PUBBLICO

Abbiamo appena caricato una bella immagine sul social del momento, scritto il post pieno di emoji e condiviso il tutto sul profilo aziendale. Un gesto semplice, di routine, che può fare benissimo anche lo stagista appena arrivato. Quello che, in realtà, abbiamo appena aperto è il sipario del palcoscenico più importante che abbiamo – il nostro mercato di riferimento – e lì, pronti ad assistere allo spettacolo, ci sono il nostro pubblico e i nostri critici più spietati. Tutti in fervida attesa e pronti a reagire a quello che faremo o diremo.

Se saremo scontati e poco interessanti, ci ignoreranno. E lo faranno di sicuro per un bel pezzo perché finiremo, per direttissima, nel rumore di fondo che i social generano ogni giorno. Ci fischieranno e tireranno pomodori e ortaggi se li abbiamo offesi, reagendo con critiche taglienti. Potranno anche creare nuovi contenuti che mirino a colpirci in modo violento: negli ultimi anni hanno fatto da apripista, in tal senso, Dolce&Gabbana, Barilla e tanti altri. Ah, però… se siamo stati interessanti, se abbiamo stupito o confermato alla grande le aspettative del nostro pubblico, allora saremo applauditi. Sul palco pioveranno le rose del trionfo.

Ecco perché, a chi governa e progetta una marca, conviene non pensare a un target di riferimento da colpire. È molto più efficace – e importante – concentrarsi sulle emozioni e sulle reazioni di un pubblico reale. L’obiettivo non è più solo comunicare chi siamo e cosa facciamo, ma è coinvolgere e guadagnarsi la fiducia delle persone con cui vorremmo interagire. Così riusciremo a vendere, in primis, attraverso il nostro modo di essere. E poi con il nostro modo di fare.

Da questa riflessione prende vita la voglia di rendere tangibile questo concetto. È per questo che, allora, nella nuova sede della Premiata Fonderia Creativa, abbiamo creato un piccolo teatro. A ogni posto corrisponde un’emozione o una reazione del nostro pubblico. Si parte dall’ultima fila con le reazioni di dissenso – rabbia, disaccordo, delusione –, per passare alla fila centrale: lì si trovano lo scarso interesse, la noia e la perplessità. E poi eccola lì, la prima fila: c’è la poltroncina dell’interesse, quella dell’approvazione e un’altra dell’ovazione.

Davanti a questa platea di emozioni ci dobbiamo domandare in quale posto siede il nostro pubblico e in quale vorremmo farlo accomodare

Se passate dalle nostre parti, saremo felicissimi di farvi fare questa semplice e coinvolgente esperienza. Sarà suggestiva, evocativa e, soprattutto, delicatamente istruttiva.